19 settembre 2006
La fase finale della campagna elettorale della Cdl per le politiche 2006 si era concentrata sulla proposta del leader Silvio Berlusconi di eliminare l'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) sulle prime case.
Sappiamo tutti quali sono stati i risultati delle urne del 9 - 10 aprile (sigh!) ma forse non tutti sanno che, di frequente, i nostri Comuni ci fanno pagare più imposta di quella che effettivamente dovremmo.
Può accadere, infatti, che si sia proprietari di due (o più) terreni attigui accatastati separatamente ed entrambi siano edificabili. Su uno si decide di costruire la propria abitazione mentre l'altro lo si destina a giardino ornamentale della propria abitazione.
In molti casi ci vediamo costretti a pagare l'I.C.I. su entrambi i terreni ma in realtà non dovrebbe essere così.
Vi spiego perchè:
l’art.2, comma 1, lett. a) del D.lgs. 504/92 (il decreto che istituisce l’I.C.I.) stabilisce che sono soggetti all’imposta il fabbricato definito “l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza[…]”.
In base alla sentenza della Corte di Cassazione n. 19735 del 17 dicembre 2003, per poter definire pertinenziale un’area va fatto riferimento alla definizione civilistica contenuta nell’art. 817 del Codice civile e cioè “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio od ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”.
In base alla sentenza della Corte di Cassazione n. 19735 del 17 dicembre 2003, per poter definire pertinenziale un’area va fatto riferimento alla definizione civilistica contenuta nell’art. 817 del Codice civile e cioè “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio od ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”.
Quindi il mio terreno destinato ad ornamento della mia abitazione è una pertinenza della stessa e quindi fa parte integrante del fabbricato.
La successiva sentenza della Corte di Cassazione n. 17035 del 26 agosto 2004, evidenzia inoltre che “[…]l’accertamento della sussistenza di un siffatto, complesso, vincolo di strumentalità o complementarità funzionale costituisce un apprezzamento di fatto. E’, pertanto, irrilevante la circostanza, di rilievo puramente formale, che l’area pertinenziale e la costruzione principale siano censite catastalmente in modo distinto, con distinta rendita catastale”.
Da quanto esposto si può sostenere che, a prescindere dal fatto che l’area pertinenziale sia autonomamente iscritta in Catasto o che la stessa sia edificabile, il contribuente non è tenuto a versare l’ICI se dimostra di destinare la stessa a servizio od ornamento del fabbricato principale.
Nel caso vi presentiate presso il vostro Comune richiedendo un rimborso dell’ICI sulla base di quanto precedentemente esposto vi sentirete dire che in base all’art. 52 del D.Lgs. 446/97 “Le province e i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi […]” e che in base all’art. 59, comma 1, lett. d) dello stesso decreto “[…]i comuni possono considerare parti integranti dell’abitazione principale le sue pertinenze, ancorché distintamente iscritte in catasto[...]”.
In base a queste norme diversi comuni si sentono liberi di introdurre proprie definizioni di pertinenze. Il mio comune, ad esempio, all’interno del regolamento I.C.I. ha inserito un articolo secondo cui “sono considerati pertinenza dell’abitazione i lotti dificabili singolarmente individuati in catasto ed adiacenti l’abitazione, se di dimensione inferiore (al massimo pari e non oltre) a mq. 250”.
Con riferimento all’art. 59 la già citata sentenza della Corte di Cassazione del 2004, però, ha precisato che lo stesso non attribuisce ai Comuni la facoltà di scegliere se procedere o meno all’autonoma tassazione della stesse, bensì “si limita a sottolineare che […] la distinta iscrizione in catasto della pertinenza non è di ostacolo alla considerazione unitaria di essa con l’abitazione principale”.
Si può inoltre opporre che la limitazione dell’area considerata pertinenza (come i 250 mq riportati ad esempio) sia una violazione dell’art. 52 del D.Lgs. 446/97 secondo il quale i Comuni non possono individuare e definire nuove fattispecie imponibili, cosa che invece fanno decidendo che le pertinenze sono soggette ad I.C.I. oltre una certa superficie.
La successiva sentenza della Corte di Cassazione n. 17035 del 26 agosto 2004, evidenzia inoltre che “[…]l’accertamento della sussistenza di un siffatto, complesso, vincolo di strumentalità o complementarità funzionale costituisce un apprezzamento di fatto. E’, pertanto, irrilevante la circostanza, di rilievo puramente formale, che l’area pertinenziale e la costruzione principale siano censite catastalmente in modo distinto, con distinta rendita catastale”.
Da quanto esposto si può sostenere che, a prescindere dal fatto che l’area pertinenziale sia autonomamente iscritta in Catasto o che la stessa sia edificabile, il contribuente non è tenuto a versare l’ICI se dimostra di destinare la stessa a servizio od ornamento del fabbricato principale.
Nel caso vi presentiate presso il vostro Comune richiedendo un rimborso dell’ICI sulla base di quanto precedentemente esposto vi sentirete dire che in base all’art. 52 del D.Lgs. 446/97 “Le province e i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi […]” e che in base all’art. 59, comma 1, lett. d) dello stesso decreto “[…]i comuni possono considerare parti integranti dell’abitazione principale le sue pertinenze, ancorché distintamente iscritte in catasto[...]”.
In base a queste norme diversi comuni si sentono liberi di introdurre proprie definizioni di pertinenze. Il mio comune, ad esempio, all’interno del regolamento I.C.I. ha inserito un articolo secondo cui “sono considerati pertinenza dell’abitazione i lotti dificabili singolarmente individuati in catasto ed adiacenti l’abitazione, se di dimensione inferiore (al massimo pari e non oltre) a mq. 250”.
Con riferimento all’art. 59 la già citata sentenza della Corte di Cassazione del 2004, però, ha precisato che lo stesso non attribuisce ai Comuni la facoltà di scegliere se procedere o meno all’autonoma tassazione della stesse, bensì “si limita a sottolineare che […] la distinta iscrizione in catasto della pertinenza non è di ostacolo alla considerazione unitaria di essa con l’abitazione principale”.
Si può inoltre opporre che la limitazione dell’area considerata pertinenza (come i 250 mq riportati ad esempio) sia una violazione dell’art. 52 del D.Lgs. 446/97 secondo il quale i Comuni non possono individuare e definire nuove fattispecie imponibili, cosa che invece fanno decidendo che le pertinenze sono soggette ad I.C.I. oltre una certa superficie.
Alla luce di tutto ciò, se vi sembra di rientrare nella casistica di cui sopra, vi consiglio di andare a rivedere i pagamenti effettuati fino ad oggi e valutare l'opportunità di chiedere un rimborso per quanto indebitamente pagato. Il tutto aspettando che la Cdl ritorni al Governo e mantenga le promesse!
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